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La Quaresima e il Tempo Pasquale sono — ci ricorda l’Arcivescovo nella sua Lettera Pasquale — un periodo di Novanta giorni per riscoprire il tesoro della fede, fino a decidere di nuovo, con rinnovata convinzione ed entusiasmo, di appartenere a Cristo e alla Chiesa, facendo del Vangelo e della persona di Gesù la luce e la forza delle decisioni quotidiane, in ogni campo dell’esistenza. Come fare?
La liturgia domenicale è quest’anno (ciclo A) particolarmente efficace nel riproporre un cammino catecumenale e mistagogico che riprende il kerygma (annuncio fondamentale) della fede: la Veglia pasquale ne è il fulcro e la Pentecoste il punto di arrivo. La quaresima sarà bene dedicarla a smascherare le false “parole di vita” che ci allontanano da Dio e dalla comunità, rendendoci tristi, poiché non rispondono ai bisogni profondi di felicità e di pienezza; il tempo pasquale sarà propizio per riscoprire la bellezza dell’esistenza in Cristo e nella Chiesa, dono da vivere e da condividere con semplicità e allegria.
Fissare in questo modo lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2), sarà favorito anche dalla conoscenza del nugolo di testimoni (Eb 12,1) che incarnano la bellezza e la fecondità umana della scelta di fede. In ogni comunità ci sono o si conoscono persone e situazioni, di ieri e di oggi, capaci di mostrare come l’adesione a Cristo e alla Chiesa conduca a pienezza di vita e felicità. Non bisogna scomodare i grandi personaggi: si possono porre in evidenza anche i “santi della porta accanto”: i genitori che crescono con amore i figli, gli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, i malati che non perdono la speranza, le religiose anziane che continuano a sorridere, […] quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio (cf GeE 7 )
Le nostre proposte parrocchiali  saranno orientate in tal senso.

 

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         Oltre 360 milioni di cristiani nel mondo soffrono persecuzioni e discriminazione a causa della propria fede; i cristiani uccisi per ragioni legate alla fede, tra il 1° ottobre 2020 ed il 30 settembre 2021, superano i 5.800, circa il 23% in più rispetto alle cifre dell’anno precedente. La World Watch List 2022, annuale report dell’organizzazione Porte Aperte/Open Doors, racconta così la persecuzione anticristiana in 50 Paesi del mondo.


         La crescita di violenza, discriminazioni e vessazioni 
“Da quando realizziamo questo report, da circa 30 anni – spiega Christian Nani, direttore di Porte Aperte Italia – questo è il livello più alto che sia mai stato raggiunto in termini assoluti di persecuzione. Un cristiano ogni 7 al mondo viene perseguitato, in Africa un cristiano su 5, in Asia due ogni 5. Stiamo assistendo alla crescita di un fenomeno che tocca la vita delle comunità cristiane e dei singoli, da vari punti di vista”.


         L’Afghanistan, Paese più pericoloso
Il report quest’anno vede un cambiamento al vertice. Dopo aver aperto per circa 20 anni l’elenco, la Corea del Nord scende al secondo posto scalzata dall’Afghanistan, Paese divenuto il più pericoloso al mondo per la comunità cristiana dopo l’ascesa dei talebani al potere, evento che, continua Nani, “si sta trasformando in una sorta di benzina dello jihadismo globale”, il che genera non poche preoccupazioni in contesti come quello dell’Africa. In questo continente, infatti, si registra il numero maggiore di morti, con la Nigeria, si legge, “epicentro di massacri”, con 4.650 vittime. Nella classifica di Open Doors, tra i primi 10 posti ci sono ben sette nazioni africane, laddove i movimenti jihadisti si stanno sviluppando sempre più.

La Chiesa in fuga Altro fenomeno molto grave è quello di una Chiesa che viene definita “profuga”, quello cioè dei cristiani in fuga: centinaia di migliaia di persone che lasciano i propri Paesi.

PER SAPERNE DI PIU’

https://www.porteaperteitalia.org/

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-01/open-doors-mondo-cristiano-gravi-persecuzioni.html

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 Anche questa domenica contiene una “epifania”, una manifestazione: Gesù viene indicato da Giovanni Battista come colui che è il Salvatore, l’ “Agnello di Dio”.

E’ questa un’immagine cara alla Scrittura: con il Sangue dell’Agnello, al tempo dell’Esodo, le case di Israele erano state protette dal furore dell’angelo della morte; l’agnello consumato nella cena pasquale ricordava e rendeva attuale l’opera di Dio in favore del suo popolo; nel libro dell’Apocalisse troviamo infine l’Agnello Morto e Risorto - Gesù Cristo Risorto - che, solo, ha la possibilità di sciogliere i sigilli del libro della Vita e così rivelare il senso della Storia. Oggi, come dicevamo, Giovanni Battista indica Gesù come “Agnello di Dio” inviato dal Padre, che, sostenuto dello Spirito Santo, porta a compimento, con la sua Morte e Risurrezione, la Salvezza annunciata nel Primo Testamento.

Tale annuncio ci provoca - grandi o piccoli - a ripensare il nostro cammino di fede. Guardare a Gesù riconosciuto come “Agnello di Dio” vuol dire in primo luogo riconoscere che la fede è in primo luogo dono di Vita: offerta gratuita del Figlio di Dio che ci riscatta da ogni forma di morte e di paura.

Nel contempo è un dono che richiede accoglienza e capacità di renderlo fruttuoso.
Nasce da qui la vita cristiana, riconosciuta come la “strada” che ci permette di incontrare il Salvatore nel percorso, spesso tortuoso, della nostra esistenza.

Sta a noi accogliere l’Agnello di Dio, Gesù offerto per noi: i Sacramenti permettono di sperimentare questo incontro. Non sono semplici gesti, ma azioni salvifiche nelle quali incontriamo Gesù che dona Vita nuova al nostro esistere.

Adoperiamoci allora a vivere responsabilmente questi doni; lasciamoci rinvigorire dal sangue dell’ Agnello partecipando all’Eucaristia, vertice e culmine di Salvezza. 

Noi, che a volte siamo fiacchi e sfiduciati, ricerchiamo la bellezza di un Incontro che è Sorgente di Vita.

 

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Si celebra in questa Domenica la 56 Giornata Mondiale della Pace. Presentiamo alcuni stralci del Messaggio di Papa Francesco, ricordando che si può trovare, completo, al seguente link   

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/

Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti fratelli e sorelle.


La più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo.

Nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte fosse stato superato, abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti.
         Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto e permettere che Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale.

Le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. Siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti….         

 

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Siamo di nuovo davanti al Mistero del Natale, quest’anno, forse, un po’ più “normale” degli ultimi due anni. Non possiamo dunque lasciarci sfuggire l’opportunità di cogliere il senso profondo di quanto stiamo per celebrare e magari riprendere le fila di quanto abbiamo lasciato cadere in questi ultimi due anni.
Ci aiuta in questo Giuseppe, lo sposo di Maria, custode legale di Gesù. Il vangelo ce ne narra la vicenda e tutti conosciamo il suo turbamento, il suo sogno e il dialogo conseguente con l’Angelo. “Non temere, Giuseppe di prendere oon te Maria tua sposa. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.

Di conseguenza Giuseppe prese con sé la sua sposa e così, con il so atteggiamento, ci insegna come accogliere il Signore Gesù. Giuseppe è l’uomo di fede che non fugge la realtà, ma la assume e la rende significativa attraverso la fede, riconosce in tutto ciò che sperimenta un evento di salvezza. Anche nei momenti più difficili.
Come afferma L. Manicardi  “Giuseppe, che non si arrende ai dati del reale è il vero realista, colui che accoglie la realtà facendovi abitare la potenza del desiderio, del sogno. Perché solo così la vita diviene vivibile e l’amore si mostra vittorioso.“

Anche noi a volte non riusciamo a trovare il bandolo della matassa della nostra vita a volte arruffata e anche spezzata o frantumata. L’atteggiamento più spontaneo è quello di indispettirci od anche di accusare gli altri come causa dei nostri mali. Lo sposo di Maria ci insegna a riflettere, a vedere le situazioni dal loro lato migliore, a domandarci in che modo Dio può manifestare la sua presenza anche quando ci sembra lontana e impossibile.

Ogni giorno è un “oggi” di salvezza; è il luogo dove il Signore agisce e vuole di comunicare con noi anche in modo inedito. Necessario è sapersene accorgere. Ricordiamolo sempre.
Ci aiuti dunque, Giuseppe, a riconoscere il Signore che passa nella nostra esistenza  e che si manifesta nei giorni della nostra vita, tante volte difficile e problematica. Il suo sogno ci contagi e ci illumini per riconoscere l’Infinito.          dab

 

Casa parrocchiale

Piazza don Carlo Matteoni, 9
Segreteria: da lunedì a giovedì
dalle ore 16,00 alle ore 19,00

tel. 0583 414082

 

Contatti

Don Agostino te. 353 4594727

Don Luigi tel. 345 3095444

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Suore San Giuseppe te. 351 9283022

 

S.Messe festive

Sabato e vigilia delle feste:
ore 17,00 chiesa San Pancrazio

ore 18,00 chiesa d Marlia

Domenica   

ore 10,30 chiesa di Marlia
ore 11,00 chiesa di Matraia

 

 

S.Messe feriali

Cappella S. Emilia   
ore 08,15: Lodi    ore 08,30: S. Messa   
(no mercoledì e sabato)
 
Confessioni:     sabato ore 17,30

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